Teatro del Pratello
Venti anni tra carcere e società. Testi processi spettacoli
a cura di Massimo Marino
prefazione di Antonio Pappalardo
introduzione di Gianni Sofri
L X H: 14,5 x 20,5; CONFEZIONE rilegato in brossura, cucitura filo refe; COPERTINA carta patinata plastificata opaca con bandelle, CMYK; INTERNO carta usomano avorio, CMYK; 2019, pp. 344
€ 18,00
ISBN: 978-88-7218-453-0Teatro del Pratello. Paolo Billi lavora in carcere dal 1999, prima con l’Associazione Bloom – culture teatri, poi con il Teatro del Pratello. Ha iniziato all’Istituto Penale Minorile di Bologna; poi ha portato le sue invenzioni nell’Area Penale Esterna Bolognese e verso le scuole e la cittadinanza; quindi nella Casa Circondariale della Dozza; più di recente a Pontremoli, a Reggio Emilia, a Firenze. Ha fondato, con altre compagnie, il Coordinamento Teatro Carcere Emilia Romagna. Ma soprattutto ha cercato di far entrare adolescenti, insegnanti, operatori, spettatori nei luoghi di reclusione, in contatto con ragazzi e persone affidate alla giustizia: la società civile che permette di rompere l’isolamento dei luoghi di pena, perché sia chiaro che i processi di trasformazione che vi si svolgono, quelli artistici come il teatro e quelli della normale amministrazione, sono patrimonio della collettività. Il carcere non può essere solo la pattumiera della società: il carcere siamo noi, i giovani reclusi si rispecchiano nei loro coetanei e viceversa; i detenuti e le detenute adulte sono anche uno specchio di quello che siamo, dei nostri pregiudizi, delle nostre esclusioni.
Tutto questo racconta il libro che avete tra le mani: una meravigliosa avventura ventennale a provare a reinventare la vita dai luoghi del dolore e dell’emarginazione.
L'AUTORE
Massimo Marino
Massimo Marino, saggista e critico, guarda molto teatro di oggi e del passato. Ne scrive su vecchi giornali di carta, quotidiani e settimanali («Corriere di Bologna», «Left»), e sul web, sul blog «Controscene» e su «doppiozero.com», dove ha coordinato la redazione Teatro. Lo racconta pure in libri come “Lo sguardo che racconta. Un laboratorio di critica teatrale” (Carocci). Insegna. Ama i ritmi delle frasi, gli interstizi di silenzio tra le parole, gli orizzonti in cui gli alberi illustrano i palazzi.